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lunedì 26 gennaio 2015



Nel numero della settimana scorsa: “Dimetoato, chiè costui?”, ci siamo messi a discutere sommessamente (e a cercare di capire) se si sarebbe potuto fare qualcosa di più per evitare, o almeno ridurre, il danno della mosca olearia e del tempo meteorologico sulla produzione di olio di qualità nell’annata che si è conclusa da poco. Sì, perché quasi tutti i commenti in rete, a questo proposito, sostenevano che non c’era stato nulla da fare. Ma alcune (poche) interviste ‘controcorrente’ mi hanno messo in curiosità. E ho ‘scoperto’ il Dimetoato. Non essendo un esperto in chimica agraria, mi sono andato a documentare; cosa che può fare chiunque, grazie a internet.

Naturalmente, nel coro di lamentele per la produzione olivicola andata a male, le affermazioni sull’inefficacia dei possibili interventi chimici si sprecano. Tutte suonano più o meno così: ‘ Quella delle olive del ‘14 è stata una strage vera e propria che neppure i prodotti larvicidi sono riusciti a limitare’, ‘ci sono state quattro, cinque, sei ondate di attacchi della Bactrocera contro cui è stato inutile intervenire con la chimica’, ‘anche chi è intervenuto non ha salvato il raccolto’, e così via. Stringi, stringi, queste asserzioni si basano su tre argomentazioni. Gli interventi contro la mosca delle olive sarebbero stati inutili (e tali sono risultati per quei pochi che li hanno tentati) perché:  i) le continue piogge hanno ‘lavato via’ i prodotti irrorati, ii) il numero di generazioni ‘fino a cinque’ della Bactrocera è stato inaspettatamente grande, iii) il numero dei trattamenti necessari ‘fino a sei’ sarebbe stato troppo alto e costoso per le aziende.

A parte l’ovvia constatazione che frasi apparentemente negative come ‘pure gli interventi chimici sarebbero stati inutili’ contengono una affermazione (inconscia ?) della superiorità potenziale della difesa chimica; io, che non sono uno psicologo, vado ad analizzare i tre perché: il primo in questo numero di MeRi news, gli altri due nei successivi.

i) Il dimetoato è un insetticida citotropico. Questo attributo indica che il prodotto penetra ‘con facilità e rapidità’ (Wikipedia) in una o due ore attraverso la buccia delle olive e si va a collocare al di sotto di essa. Trascrivo la definizione che ne dà il glossario della “Guida al corretto impiego dei prodotti fitosanitari” della Regione Lazio (2009). “CITOTROPICO: si dice di un prodotto fitosanitario che effettua una penetrazione superficiale negli organi della pianta; è limitata, cioè, ai primi strati di cellule sottostanti l’epidermide con cui viene a contatto. Il prodotto fitosanitario è dilavabile in maggior o minor misura in funzione della velocità di penetrazione; è soggetto in genere ad essere degradato ad opera di enzimi o di altre sostanze prodotte dalla pianta”. Quindi, una volta entrato nel frutto, il dimetoato non viene dilavato dalle piogge e il suo dilavamento si può verificare solo se piove nel giorno stesso in cui è irrorato.

E’ vero, la scorsa primavera è stata estremamente piovosa (come quantità di precipitazioni); ma a due-tre giorni consecutivi di pioggia abbondante si sono sempre alternati due-tre giorni con assenza di precipitazioni (come, del resto, succede di solito in quel periodo). Mi domando se gli olivicoltori che hanno effettuato i trattamenti ‘inutili’ disponevano di previsioni meteo locali utili per quei trattamenti e ad esse si sono riferiti per decidere il giorno del trattamento. Perché, per evitare il dilavamento e (quindi) assicurare l’efficacia del trattamento, si deve trattare un giorno per cui si ha la certezza (o almeno un’alta probabilità) che sull’uliveto non pioverà nelle 12 ore successive. E per questo servono previsioni meteo locali ‘personalizzate’, cioè specifiche per l’azienda.

Le piogge sono uno dei fenomeni meteorologici più erratici (a pelle di leopardo) alle nostre latitudini e in un Paese ad orografia complessa come l’Italia e situazioni in cui mentre piove su un’azienda non piove su un’altra a distanza di 2-3 km sono tutt’altro che rare. Previsioni meteo a scala aziendale, azienda per azienda, sono oggi tecnicamente fattibili, ma enti, consorzi, cooperative, associazioni, aziende non sono in grado di fornire agli olivicoltori questo servizio. Così, se la pioggia dilava i trattamenti si impreca contro la sfortuna e si stabilisce la loro inutilità.  

In Italia esistono vari Servizi di previsioni meteorologiche. Alcuni operano a scala nazionale (o ‘grande scala’), altri a scala regionale (o ‘mesoscala’), ma nessuno di essi fa previsioni a scala aziendale (o ‘microscala’). Per avere previsioni di precipitazioni (e di altre grandezze meteo: temperatura, umidità, vento, ecc.) per le aziende, serve una rete meteo locale di monitoraggio gestita da una piattaforma informatica che permetta – partendo dalle misure meteo in loco – di passare da previsioni a grande scala a previsioni a microscala. Queste ultime, per essere veramente utili alle singole aziende, cioè per guidare scientificamente gli interventi sulle colture, debbono tenere conto non solo della situazione meteorologica generale, ma anche dell’altitudine, della topografia, dell’esposizione, della distanza dal mare, ecc. di ogni specifica azienda con una risoluzione spaziale di circa 1 Km2 e temporale di un giorno. Previsioni meteo locali personalizzate per aziende oggi sono tecnicamente possibili ed economicamente vantaggiose. Si attende solo qualcuno che abbia voglia di investire su esse e sperimentarle.


Maurizio Severini

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giovedì 22 gennaio 2015


Nel primo numero di MeRi news – un post settimanale che si propone di essere uno strumento di riflessione, più che di comunicazione – abbiamo preso in considerazione i molti articoli (non tutti) comparsi in rete verso la fine dello scorso anno per spiegare le cause della ‘disastrosa annata’ 2014 per l’olio italiano di qualità. Ci aveva colpito la quasi unanime certezza degli ‘esperti’ intervistati nel dare tutta la colpa del misfatto a un insetto, la mosca olearia (Bactrocera oleae) e al suo complice, il tempo meteorologico; certezza riprodotta a pappagallo sul web da giornalisti poco inclini a porre (e a porsi) domande.  

Ma, quella certezza mostra qualche crepa. Andando a spigolare negli articoli già letti e in nuovi che abbiamo trovato nel frattempo, voci critiche, seppur rare, si sono levate. Ne riportiamo testualmente alcune, perché da esse vogliamo partire per fare un piccolo ragionamento. ‘Si sono salvati soltanto gli imprenditori che hanno saputo prevedere il rischio ed hanno protetto le piante’. ‘Si sono salvate le colture dove il prodotto chimico è finito dentro l’oliva e ha distrutto le larve’. ‘Nei campi convenzionali si usa un larvicida che come principio attivo contiene il dimetoato’. Dunque, secondo alcuni, qualcosa si sarebbe potuto tentare per evitare la ‘catastrofe’: trattare per tempo gli olivi con dimetoato. Ma cos’è il dimetoato? Dato che non sono un patologo vegetale (sono un agrometeorologo), ho cercato la risposta sulla rete.

Riporto da Wikipedia. ‘Dimetoato è un insetticida. E’ un prodotto largamente impiegato come insetticida di contatto contro diversi raggruppamenti di insetti fitofagi [che si nutrono di vegetali], ma in particolare ha trovato tradizionalmente impiego nella protezione dell'olivo e dei fruttiferi contro le larve carpofaghe [che si sviluppano nei frutti carnosi], in particolare quelle dei Ditteri [mosche]. E’ un insetticida citotropico [passa dall’esterno nei primi strati di cellule al di sotto dell’epidermide] che penetra con facilità e rapidità nei tessuti vegetali; per queste ragioni funziona da prodotto curativo, adatto per il controllo dei fitofagi minatori [che scavano gallerie] e, in particolare, delle larve della Bactrocera nelle olive. … Il dimetoato è un principio attivo neurotossico, nocivo per l'uomo per ingestione, inalazione e per contatto con la pelle. Non è cancerogeno su ratto e su topo, non teratogeno [non causa malformazioni del feto in gravidanza] e non mutageno [non causa alterazioni del DNA] su mammiferi. Il dimetoato è largamente citato nella letteratura fra i prodotti più indicati per il controllo chimico della mosca dell'olivo sulle varietà da olio. A differenza di altri insetticidi, al dimetoato si attribuisce un minore impatto sulla salute umana: in virtù della sua idrosolubilità gli eventuali residui chimici del dimetoato confluiscono durante il processo di estrazione dell'olio d'oliva nelle acque di vegetazione, perciò l'olio di oliva sarebbe virtualmente privo di residui’.

Il dimetoato è tossico, quindi va usato con cautela, professionalità e, soprattutto, quando non se ne può fare a meno. Ma non è un satana! Il suo impiego è previsto e controllato da precisi regolamenti e norme internazionali per l’Agricoltura Integrata [REG. (CE) N. 1698/2005 ART. 36 (a) (iv) E ART. 39]  recepiti a livello nazionale. C’è poi da dire che ci sono due metodi per combattere gli attacchi della mosca olearia: i) Metodo Adulticida, di carattere preventivo, che consiste nella cattura e l’uccisione degli gli adulti [le mosche] che volano nell’oliveto prima che le femmine infettino le olive e ii) Metodo Larvicida, di carattere curativo, che consiste nell’uccidere le larve nelle olive dopo che queste sono state infettate. In ambedue i metodi si usa solitamente il dimetoato.

Riportiamo, ad esempio, ciò che stabilisce – per il dimetoato – il Disciplinare di Produzione Integrata della Regione Lazio riguardo alla difesa dalla mosca olearia [Azione 214.1 – Programma di Sviluppo Rurale, PSR 2007-2013]. L’uso di questa Sostanza Attiva (SA) in olivicoltura è autorizzato: i) come ‘Proteina idrolizzata + dimetoato’ nel Metodo Adulticida di difesa dalla mosca per un massimo di 4 trattamenti all’anno, ii) come ‘Dimetoato con non più di 40 g/hl di SA’ nel Metodo Larvicida per un massimo di 2 trattamenti all’anno indipendentemente dall'avversità. Leggiamo ancora: ‘Utilizzando le dosi minime in etichetta, non crea problemi di fitotossicità neppure per le varietà più sensibili (Canino, Itrana, Frantoio)’.

Nella Produzione Integrata dell’olio, quindi, l’uso del dimetoato nella difesa delle olive dalla Bactrocera, lungi dall’essere vietato, o solo tollerato, viene proposto, seppure nel rispetto di regole precise. Nel Programma di Sviluppo Rurale (PSR) della CE per il prossimo quinquennio (2015-20) la Produzione Integrata gioca un ruolo strategico per la modernizzazione dell’agricoltura del continente europeo, tanto che sono previsti importanti contributi finanziari per le aziende che s’impegnano ad adottarne i disciplinari. E in quello dell’olivicoltura c’è la possibilità dell’uso del dimetoato, … ‘seppure nel rispetto di regole precise’.

Questa sostanza attiva lo scorso anno c’era già, come erano già note le regole a cui attenersi per usarla. Una domanda sorge spontanea: consorzi, olivicoltori, esperti, dipartimenti di agraria e assaggiatori d’olio erano in grado – nella primavera 2014 – di proporre l’impiego del dimetoato a tempo debito nel rispetto dei disciplinari? Non mi stupirei se qualcuno, sorvolando sulla propria mancanza di conoscenze e capacità, osservasse: ‘Ma il dimetoato è tossico, quindi pericoloso’. Gli si potrebbe rispondere che anche il fuoco è pericoloso, ma nessuno, per questo, rinuncerebbe a usarlo per riscaldare i cibi.

Maurizio Severini

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mercoledì 14 gennaio 2015


Girovagando per il web, nelle ultime settimane ci imbattiamo spesso in post che trattano di una ‘disastrosa’ annata per la produzione dell’olio di qualità in tutta Italia: il 2014. Dato che l’annata è stata veramente dannosa, con perdite di produzione media che si aggirano intorno al 50% ed anche di qualità del prodotto, si deve trovare un colpevole. E sul colpevole da sbattere in prima pagina sono tutti d’accordo: E’ lei, la mosca olearia, per gli entomologi: Bactrocera oleae.

‘Si chiama Bactrocera Oleae la mosca che ha devastato gli oliveti’. ‘La famelica mosca ha fatto strage di olive’. ‘Mosca olearia, uno dei peggiori nemici dell'olivo’. ‘Una bottiglia su tre dell'olio italiano se l'è bevuta una mosca terribile’. ‘Quest'anno è vera tragedia, tutta colpa della Bactrocera’. ‘Infida mosca che ha fatto marcire le olive sui rami’. ‘Nemico numero uno degli olivi, ovvero la Bactrocera oleae’.’ Tre ondate di attacchi della mosca Bactrocera Oleae’. Espressioni di questo tenore si trovano in articoli specializzati in olivicoltura presenti in rete. 

Naturalmente, gli esperti hanno indagato per capire se il colpevole avesse agito da solo ed hanno scoperto che, in effetti, la mosca ha avuto un complice: il tempo meteorologico (che molti qui chiamano clima). Ecco cosa si può trovare negli articoli di cui sopra.

‘Alleato della mosca olearia si è rivelato il clima delle scorso inverno ’, ‘Colpa del clima pazzo che, con piogge abbondanti in estate, ha favorito la diffusione della mosca olearia’, ‘Clima perfetto per gli attacchi della mosca’, ‘A causare il flagello è stata la troppa pioggia’, ‘La mancanza di gelate invernali ha fatto proliferare questo parassita’, ‘Il clima mite dell’inverno 2013 ha permesso alle pupe di sopravvivere’, ‘Quest'anno il clima anomalo ha causato forti attacchi parassitari’,’ La Bactrocera, amante del clima umido e poco caldo si è riprodotta in quantità mai viste prima’. Qualcuno se l’è presa anche con l’Anticiclone delle Azzorre che non è arrivato in tempo e, naturalmente, non è mancato neanche chi ha colto l’occasione per denunciare l’uomo che con la sua attività economica dissennata sta distruggendo la vita sul pianeta (e quindi anche quella delle olive).

Siamo proprio sicuri che la principale causa della perdita di produzione dell’olio di qualità italiano vada ricercata ‘lontano’: nella civiltà dei consumi, nel clima che cambia, nella ecologia della perfida mosca, e non ‘vicino’ a noi, ad esempio in qualcuno o in qualche ente locale che non ha fatto per tempo ciò che avrebbe dovuto fare? 

Girando per la rete, si scoprono decine e decine di enti (regionali, provinciali e comunali), consorzi, cooperative, organizzazioni di produttori di olii DOP, DOC, biologici, tradizionali, dipartimenti universitari, esperti e consulenti agrari, assaggiatori d’olio, tutti con una lunga e profonda preparazione, tutti pronti a dare la colpa alla mosca, al clima, e a dire che in fondo ‘l’entità dell’attacco era assolutamente imprevedibile’, oppure che “si è trattato di un attacco mai visto prima”. La reazione degli esperti di olio sembra simile a quella dei sindaci di fonte a un’alluvione: ‘era imprevedibile!’. 

Almeno nei casi di alluvione, qualche giornalista impertinente domanda al sindaco: “Mi scusi, l’alluvione sarà stata imprevedibile, ma perché gli argini del torrente sono crollati come fossero di cartone? Perché il letto del fiume era diventato una discarica a cielo aperto prima dell’alluvione? Perché non ha messo in allerta i vigili del fuoco dopo l’allarme della Protezione Civile?”. Invece, in questo caso della ‘catastrofe olearia’ i giornalisti, come mosche cocchiere, si sono limitati a riportare il parere degli ‘esperti’ senza fare domande impertinenti quali: “Come sono stati usati i fondi regionali e quelli europei per la difesa della produzione olivicola ? Perché il monitoraggio della mosca e l’analisi delle olive è cominciata quando l’infestazione era già in atto? Perché si è aspettato che gli olivicoltori portassero le olive per le analisi (in un solo giorno a settimana)? Chi controlla se, come e quando essi applicano effettivamente e correttamente i metodi di difesa fitosanitaria? E quali sanzioni ci sono per chi non rispetta le regole?” E via di questo passo.   Evidentemente, i giornalisti agrari sono più educati di quelli di cronaca.

Non una parola poi, in tutti quegli articoli di tragedia olearia, riguardo al ruolo che la Ricerca Scientifica avrebbe dovuto giocare e non ha giocato, non dico per annullare il danno, ma almeno per ridurlo. Su questo argomento, i Dipartimenti di Agraria tacciono, o magari non hanno nulla da dire. Spero di sbagliarmi e aspetto che battano un colpo. 



Maurizio Severini


 

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