Dopo aver dedicato i precedenti due numeri di MeRi news al tema delle previsioni meteo locali personalizzate per azienda, riprendo la discussione su ciò che ho letto in rete a proposito del grave calo di produzione di olio dello scorso anno. Qui, esperti e giornalisti hanno levato un coro quasi unanime contro l’imprevedibile infestazione anticipata delle olive da parte della perfida mosca olearia. Ma l’anticipo in questione era imprevedibile? Naturalmente, la risposta dipende da ciò che s’intende per ‘prevedibile’. Se si tratta di prevedibilità da bar dello sport, possiamo essere d’accordo. Ma se ci si riferisce a studi e ricerche scientifiche già fatte sull’argomento, qualche dubbio viene.
Leggo in un post del Messaggero (26 10 2014) che negli ultimi due anni la Bactrocera ha anticipato la sua comparsa e che mentre negli anni passati essa cominciava ad infestare le olive della pianura viterbese a fine agosto, ultimamente le infestazioni si cominciano a vedere già a fine giugno. Aggiungo io che un anticipo dell’attacco della mosca è compatibile con l’attuale riscaldamento globale dell’atmosfera. In un post de La Repubblica (12 11 2014), nell’intervista all’ex presidente dell’ASSOPROL (organizzazione di olivicoltori), si legge che gli olivicoltori erano stati avvertiti fin da luglio del rischio della mosca olearia, ma che hanno preso l’avviso sottogamba. E perciò dovrebbero fare mea culpa. Se è così, è difficile dargli torto.
Nell’intervista di Repubblica si legge anche che nel settore olivicolo non c’è conoscenza e ci si affida a quel che facevano i nostri nonni e in un altro articolo (Il Post, 15 11 2014) si sostiene che il nostro Paese è rimasto indietro sull’olivicoltura moderna, perché abbiamo rinunciato alla sperimentazione. Queste due affermazioni sono in parte condivisibili e in parte no. In Italia, la conoscenza e la sperimentazione in olivicoltura ci sono e come, ma esse, nella maggior parte dei casi, restano confinate nei dipartimenti di agraria e negli articoli scientifici e trovano scarsa applicazione nelle aziende produttrici.
A riprova di ciò riporto i risultati di una ricerca sulle infestazioni della Bactrocera oleae nella Regione Lazio, ricerca condotta dal Laboratorio Entomologia della Scuola Sant’Anna di Pisa (Istituto Scienze della Vita) in collaborazione con l’Agenzia Regionale ARSIAL. Questi risultati sono riportati nel bollettino ‘L’Olivicoltura nel Lazio: la mosca delle olive nel territorio del Lazio’ della serie Oleico, diffuso in occasione del convegno a conclusione della ricerca. Anche se le diverse Regioni italiane non sono tutte allo stesso livello nell’applicazione delle conoscenze scientifiche alla protezione degli oliveti, mi pare che l’esempio del Lazio possa considerarsi emblematico di molte Regioni. E poi, io mi riferisco a esso perché è quello che conosco meglio e perché il Lazio è la mia regione.
Leggo in un post del Messaggero (26 10 2014) che negli ultimi due anni la Bactrocera ha anticipato la sua comparsa e che mentre negli anni passati essa cominciava ad infestare le olive della pianura viterbese a fine agosto, ultimamente le infestazioni si cominciano a vedere già a fine giugno. Aggiungo io che un anticipo dell’attacco della mosca è compatibile con l’attuale riscaldamento globale dell’atmosfera. In un post de La Repubblica (12 11 2014), nell’intervista all’ex presidente dell’ASSOPROL (organizzazione di olivicoltori), si legge che gli olivicoltori erano stati avvertiti fin da luglio del rischio della mosca olearia, ma che hanno preso l’avviso sottogamba. E perciò dovrebbero fare mea culpa. Se è così, è difficile dargli torto.
Nell’intervista di Repubblica si legge anche che nel settore olivicolo non c’è conoscenza e ci si affida a quel che facevano i nostri nonni e in un altro articolo (Il Post, 15 11 2014) si sostiene che il nostro Paese è rimasto indietro sull’olivicoltura moderna, perché abbiamo rinunciato alla sperimentazione. Queste due affermazioni sono in parte condivisibili e in parte no. In Italia, la conoscenza e la sperimentazione in olivicoltura ci sono e come, ma esse, nella maggior parte dei casi, restano confinate nei dipartimenti di agraria e negli articoli scientifici e trovano scarsa applicazione nelle aziende produttrici.
A riprova di ciò riporto i risultati di una ricerca sulle infestazioni della Bactrocera oleae nella Regione Lazio, ricerca condotta dal Laboratorio Entomologia della Scuola Sant’Anna di Pisa (Istituto Scienze della Vita) in collaborazione con l’Agenzia Regionale ARSIAL. Questi risultati sono riportati nel bollettino ‘L’Olivicoltura nel Lazio: la mosca delle olive nel territorio del Lazio’ della serie Oleico, diffuso in occasione del convegno a conclusione della ricerca. Anche se le diverse Regioni italiane non sono tutte allo stesso livello nell’applicazione delle conoscenze scientifiche alla protezione degli oliveti, mi pare che l’esempio del Lazio possa considerarsi emblematico di molte Regioni. E poi, io mi riferisco a esso perché è quello che conosco meglio e perché il Lazio è la mia regione.
La ricerca si basa sull’elaborazione dei dati d’infestazione della mosca rilevati nel quinquennio 1999 - 2004 in 19 Zone Progettuali della Regione, quelle con specifica vocazione alla produzione olivicola: 5 in Provincia di Viterbo, 2 in Provincia di Rieti, 5 in quella di Roma, 3 di Latina e 4 di Frosinone. I dati riguardano catture settimanali della mosca con le trappole e conteggi settimanali di olive parassitate. Vengono determinati i valori di Infestazione Attiva (I.A. - somma di uova e larve ‘piccole’ di 1a e 2a età) e di Infestazione Dannosa (I.D. - somma di larve ‘grandi’ di 3a età, pupe o fori d’uscita). Distinzione, questa, largamente accettata dai ricercatori.
I dati sono stati analizzati con i metodi statistici dell’analisi ‘oggettiva’ geostatistica e dell’analisi della varianza e quindi, fatta salva la rappresentatività del fenomeno con (soli) cinque anni di osservazioni, i risultati si possono considerare scientificamente validi. Essi riguardano molteplici aspetti dell’infestazione della Bactrocera: l’incidenza temporale e percentuale delle I.A. e delle I.D. nei diversi anni, nelle diverse zone progettuali, nelle diverse Province. Qui, tanto per fare un esempio, mi riferisco solo ai risultati della zona progettuale della Sabina Reatina.
Secondo questo studio, nel 2002, anno in cui si è verificata l’infestazione più grave della mosca, il primo campionamento nella Sabina Reatina (Comuni di Fara in Sabina, Montopoli in Sabina e Castelnuovo di Farfa) è stato effettuato la 32a settimana dell’anno, cioè la prima di agosto, quando l’infestazione dannosa era già al 4% (grafico a destra). Sulla base dello stadio di sviluppo più avanzato della mosca rilevato al primo campionamento, l’inizio dell’infestazione è stato fatto risalire alla 28° settimana, cioè alla prima settimana di luglio. Trascrivo ciò che si legge a questo proposito nelle conclusioni del report:« La Sabina Reatina si distingue per avere livelli d’infestazione attiva (I.A.) e soprattutto d’infestazione dannosa (I.D.) più elevati. Nel 1999 la mosca ha iniziato ad infestare le olive tardivamente (fine agosto) e anche nel 2003 gli attacchi sono stati molto contenuti fino alla fine di agosto. Negli altri anni (2000, 2001, 2002) invece la situazione è stata molto diversa con presenza d’infestazione attiva e dannosa a fine luglio primi di agosto. Questo mette in evidenza ancora di più che ogni anno rappresenta una storia a sé stante e che, anche in questa provincia, la mosca delle olive è bene che sia monitorata a partire dalla metà di luglio. In merito a come l’infestazione si evolve, nel tempo, sul territorio, è possibile osservare quello che è avvenuto nel 2002, in cui le aziende nelle quali, alla prima settimana di agosto, si era già in presenza di larve grandi, pupe e fori d’uscita, sono localizzate soprattutto In un’area della Sabina Reatina, dove, alla pari, sono presenti anche le aziende con maggior percentuale di I.D.». Dunque, in assenza di dati ed analisi ulteriori, la ricerca potrebbe (e avrebbe potuto) mettere in guardia gli olivicoltori sul fatto che la Sabina Reatina è un’area a maggior rischio d’infestazione della mosca. E perciò, se c’è una zona in cui iniziare precocemente il monitoraggio della Bactrocera, diciamo agli inizi di giugno per un sano principio di precauzione, è proprio questa.
E invece, nel 2014, Il primo Bollettino di Avvertimento Fitopatologico Settimanale della Zona Progettuale Sabina DOP si riferisce alla settimana 31/07 – 06/08, cioè alla prima settimana di agosto (http://www.sabinadop.it/ricerca.asp#result). La domanda che viene spontanea è se chi ha emesso il bollettino conosceva il lavoro della Scuola S.Anna (e della Regione Lazio) e, se sì, per quali ragioni ha deciso di non seguirne (a quanto pare) le indicazioni.
Non so se attualmente esiste una collaborazione tra la Scuola S.Anna e il Consorzio Sabina DOP (le informazioni a cui faccio riferimento sono prese dalla rete), ma non posso non pensare che, nello scorso anno, uno stretto collegamento tra il primo (ricerca) ed il secondo (produzione) avrebbe potuto consigliare un anticipo del monitoraggio in campo della mosca e, forse, ridurre (se non evitare) la perdita di olive che ha colpito in maniera grave anche la Sabina.
Maurizio Severini
E invece, nel 2014, Il primo Bollettino di Avvertimento Fitopatologico Settimanale della Zona Progettuale Sabina DOP si riferisce alla settimana 31/07 – 06/08, cioè alla prima settimana di agosto (http://www.sabinadop.it/ricerca.asp#result). La domanda che viene spontanea è se chi ha emesso il bollettino conosceva il lavoro della Scuola S.Anna (e della Regione Lazio) e, se sì, per quali ragioni ha deciso di non seguirne (a quanto pare) le indicazioni.
Non so se attualmente esiste una collaborazione tra la Scuola S.Anna e il Consorzio Sabina DOP (le informazioni a cui faccio riferimento sono prese dalla rete), ma non posso non pensare che, nello scorso anno, uno stretto collegamento tra il primo (ricerca) ed il secondo (produzione) avrebbe potuto consigliare un anticipo del monitoraggio in campo della mosca e, forse, ridurre (se non evitare) la perdita di olive che ha colpito in maniera grave anche la Sabina.
Maurizio Severini
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