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Viticoltura nel Lazio: tante le potenzialità sprecate

giovedì 12 giugno 2014


Grazie al Progetto EcoVino, MeRi ha avuto modo di entrare in contatto diretto con quella che è la complessa e variegata situazione della vitivinicoltura del Lazio. Il territorio laziale vanta una tradizione vinicola millenaria, che può essere fatta risalire ai primi vinificatori del periodo romano. Clima e conformazione del territorio si adattano molto bene alla coltivazione della vite, e la presenza di uno snodo turistico e commerciale come Roma rappresenta sicuramente un valore aggiunto. Permangono tuttavia una tendenza all’autonomia (che spesso può essere piuttosto letta come ‘isolamento’) e una scarsa propensione all’innovazione. Le aziende sono spesso piccole, a conduzione familiare e poco moderne. La scarsa maturità di sistema vitivinicolo laziale è evidenziata da solo il 30 % di superficie iscritta al DO  (Denominazione di Origine). Ciò significa che il 70 per cento del vigneto non trova valenze economiche nei toponimi e nelle proprie radici culturali. Pur avendo appeal e valori storici di rinomanza internazionale, il sistema laziale non ha valorizzato le aree relative alle  provincie di Rieti, Frosinone, Latina e Viterbo. Discorso a parte merita la provincia di Roma, dove le valenze da territorio sono in fase di affermazione, soprattutto per Frascati e Castelli Romani DOC. Nonostante le evidenti limitazioni, il vino del Lazio genera una buona rendita. La Produzione Lorda Vendibile (PLV) media del vino laziale si attesta infatti intorno ai 5.200 euro annui per ettaro. Non si può fare a meno di chiedersi dove si potrebbe arrivare se le potenzialità della filiera vinicola venissero sfruttate al meglio!


Punti di forza della filiera vinicola laziale:

  • Un retroterra culturale e una storia assolutamente impareggiabili (basta pensare alla cultura romana e al mito di Bacco), uniti a una vocazionalità alla coltivazione della vite plutrimillenaria e indiscussa.
  • Una notevole biodiversità, testimoniata da un elevato numero di biotipi e vitigni autoctoni da preservare.
  • La vicinanza con Roma; centro commerciale di primaria importanza per le relazioni internazionali
  • Una contiguità con un flusso turistico notevole (la stima dei turisti presenti nel Lazio è di circa 20 milioni annui), che potrebbe rappresentare un’ottima fonte di promozione.
  • L’importante concentrazione quantitativa e qualitativa di Enti di ricerca sul territorio potenzialmente votati alla causa vitienologica.

I punti di debolezza del Lazio sono, a nostro avviso, una diffusa difficoltà a fare impresa e sistema con il territorio, una carenza di aggiornamento professionale e di strumenti per il controllo della produzione, la scarsa valorizzazione delle potenzialità legate al territorio, una debole capacità manageriale e di raccordo istituzionale (molti dei fondi messi a disposizione dalla Regione vanno tutt’ora persi a causa della scarsa informazione), un’attività di ricerca limitata o poco incisiva.



(Dati ARSIAL)


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